MILANO, 18 FEBBRAIO – “Senatore Calenda, ma lei crede davvero che se la gestione del Covid in Lombardia fosse stata così disastrosa come dice, i lombardi mi avrebbero riconfermato, anzichè mandarmi a casa?”. E’ questa la domanda che il riconfermato presidente della Lombardia Attilio Fontana rivolge a Carlo Calenda, leader di Azione, in una lettera di risposta che il leghista ha inviato al Corriere della Sera e riproposto sul suo profilo Facebook.

“Ho riflettuto molto prima di decidere se intervenire sulle dichiarazioni del senatore Calenda”, spiega Fontana, che “in questi giorni ha più volte offeso i cittadini lombardi”. “Sono stato tirato in causa svariate volte dal leader del Terzo Polo – prosegue – che di terzo non ha nemmeno il posizionamento in questa tornata elettorale. Proprio per questo pensavo che la frustrazione dell’inconcludente risultato lo avesse portato a fare quelle affermazioni così fuori luogo. Dice da giorni, con quel filo di arroganza che spesso si concede, che l’unico voto sano sarebbe per lui. Il fatto stesso che scenda in campo dovrebbe assicurargli il primato? Ha uno strano concetto della democrazia. Poi, nel tentativo di colpirmi, il senatore Calenda ha tirato in ballo i cittadini lombardi e oggi, con la lettera indirizzata alla Sua persona, anche tutti gli italiani. Ecco perché rimanere in silenzio mi risulta davvero difficile. Perché una bugia ripetuta mille volte non può e non deve diventare una verità”. Condivido la lettura secondo la quale in Italia esiste una disaffezione verso la politica, ma quello che sfugge al senatore Calenda è che le idee dei lombardi e degli italiani sono molto più chiare di quanto lui voglia lasciar credere. E’ un po’ paradossale che esprima giudizi attraverso slogan immotivati e parli di gestione dell’emergenza Covid quando l’unica cosa che ha gestito, in quei momenti, è stato il telecomando della tv dal suo salotto della Roma bene”.

“Il senatore Calenda – aggiunge Fontana – non era qui quando abbiamo realizzato in pochi mesi l’ospedale in Fiera (con Bertolaso, l’uomo che lui stesso osannava e voleva nella sua squadra, se fosse stato eletto sindaco di Roma). Il sen. Calenda non era con me e i miei collaboratori quando dormivamo negli uffici della Regione, affrontando a mani nude la più grande pandemia della storia recente, senza che nessuno ci avesse avvisato o preparato. E ancora, il sen. Calenda non era qui nemmeno quando i camion dell’Esercito attraversavano Bergamo”. “Il senatore Calenda – prosegue – fa l’unica cosa che quelli della sua estrazione politica sanno fare: giudica dall’alto di una presunta superiorità morale, antropologica. Vede senatore Calenda, io non sono un arringatore di folle, non sono un uomo copertina e non sono del partito della Ztl. Lei parla di voti a partiti ideologici, e questo rafforza la mia idea sul fatto che non solo non conosce il nostro territorio, come dimostra la scelta perdente del candidato presidente, ma non ha nemmeno letto i risultati delle votazioni. La mia lista, che tutto rappresenta tranne che un partito ideologico, ha preso più voti della sua! Io sono lombardo, orgogliosamente, sono un lavoratore, cerco soluzioni ai problemi della mia gente e provo, sperando di riuscire nel modo migliore, ad aiutarli. Con umiltà. Un concetto, quest’ultimo, che lei non conosce. E i lombardi vi hanno punito nell’unico modo per loro possibile. Non votandovi. Lo stesso vale per gli italiani e il nuovo governo. La gente ha bisogno di concretezza, ha bisogno di soluzioni ai problemi reali, che non sono quelli che voi avete affrontato e cavalcato in questa campagna elettorale. Non siete credibili, non lo siete mai stati. E per questo avete perso. Male. Però su una cosa ha ragione senatore Calenda, gli italiani cercano qualcuno a cui affidarsi e di cui fidarsi. Bene, le posso tranquillamente dire che hanno riposto la fiducia nelle persone giuste: in Francesco Rocca, in me e nel governo di centrodestra”. “Caro senatore Calenda – conclude Fontana -, se l’Italia è il Paese più bello del mondo è grazie agli italiani. Loro hanno vinto, voi avete perso. Fatevene una ragione”. (Nova)